Il mio Roero
Un indissolubile legame tra territorio, passione e vino
Grossa circa un quarto delle vicine Langhe, questa fetta di terra a sinistra del fiume Tanaro si differenzia per il suo aspetto complesso, capace di cambiare radicalmente da un versante all’altro della stessa collina.
Da produttore, ma ancora prima da abitante e amante del Roero, cerco sempre di trasmettere a chi viene a trovarmi la vera essenza di queste colline, la stessa che cerco di far trasparire da ogni mio vino.
Ecco…se dovessi spiegare il Roero con una parola questa sarebbe sicuramente ‘Colla’.
Colla perché è il nome della mia Vigna, che fu di mio nonno e di mio padre. Colla perché ‘Collina’ sembrava riduttivo.
Colla perché con la sua posizione centrale nel Roero ne rappresenta il prototipo ideale di territorio per conformazione calcareo–sabbiosa, con i suoi filari ripidi e arroccati, che ancora ci obbligano a lavorare manualmente.
Colla, la prima bottiglia di Roero mai imbottigliata
La vigna Colla, di proprietà della mia famiglia da generazioni, è stata la prima a veder nascere un Roero DOCG.
Questo è sicuramente un grande orgoglio per noi, dimostrato dal numero di serie della bottiglia in foto, che nel 2005 è uscita sul mercato come prima nel suo genere.
Mi piace pensare a questo fatto come all’ennesima prova del forte legame che io, così come i miei predecessori, abbiamo con queste bizzarre, uniche e un po’ imprevedibili colline!
La storia delle nostre colline
Il Roero Ieri…
Per comprendere la realtà di oggi occorre fare qualche passo indietro, e ripercorrere la strada che ci ha condotti qui.
Tutto ebbe inizio nel primo Dopoguerra, epoca in cui i nostri territori di Langa e Roero – poi raccontati nella ’Malora’ di Beppe Fenoglio – si basavano unicamente su un’economia di sussistenza, nemmeno sempre certa: i contadini allevavano mucche, coltivavano frutta, verdura e vigna.
Ma allora l’uva veniva venduta o si faceva il vino sfuso, in damigiana, da vendere ai privati. Raramente vi erano avanzi sufficienti da esportare, e di anno in anno tutta la produzione veniva apprezzata unicamente dai locali.
A partire dagli anni Sessanta ci fu un abbandono delle campagne: le fabbriche del territorio cercavano manodopera e la sicurezza di uno stipendio ebbe la meglio. Queste aziende rispettavano però le radici contadine del territorio dando la possibilità all’operaio quando tornava a casa di dare una mano in famiglia e a impedire che la Vigna morisse.
Per un lungo periodo la campagna soffrì di povertà e decadenza: il sogno nel cassetto di ogni ragazzo era quello di fuggire lontano dalla vita faticosa dei loro padri, di trovare un agio e una ricchezza che queste terre non sembravano concedere.
…e il Roero oggi
Da allora son trascorse molte primavere, e grazie a qualche pioniere e alla ricerca sempre più forte di una vita vicina alla natura abbiamo assistito a un costante ripopolamento.
Assieme agli abitanti è tornata anche la consapevolezza del potenziale della nostra terra, che per tanto tempo era rimasto nascosto, come un intimo tesoro.
È bastato poco perché i riflettori scoprissero i vini roerini: mio nonno fu tra i primi a crederci davvero, a imbottigliare il Roero con fierezza senza cercare di cavalcare onde altrui.
Oggi il Roero è un territorio ‘giovane’, con molte aziende di prima generazione che hanno riscoperto la Vigna di famiglia, con voglia di emergere e di esprimere la volontà del ‘Se ci credi, tutto è possibile!’.
Le aziende sono per la maggior parte di piccole dimensioni e a conduzione famigliare. Ogni viticoltore ha la possibilità di creare la sua opera d’arte partendo dalla potatura, seguire la crescita della pianta per dedicare il giusto affinamento al suo vino.
Questo deve essere il nostro punto di forza per esprimere la personalità della Vigna e del Produttore, senza sottostare a leggi di mercato e di numeri, proponendo i nostri Nebbiolo e Arneis in modo unico e personale, perché “il mio vino non è più buono del tuo: è semplicemente diverso”.
Cosa rende speciale il Roero?
La diversità, l’unicità e la collaborazione tra produttori
Quando penso a questa terra e alla sua anima peculiare ci paragono a dei cow-boy, con le forbici per potare invece della Colt, sul trattore anziché a cavallo.
Perché questa è la nostra Grande Bellezza, il nostro West: la possibilità di creare un vino unico, e di condividerlo con l’appassionato dandogli la possibilità di scelta tra innumerevoli sfumature in cui scegliere il proprio gusto. Siamo artisti, creativi, appassionati!
So long!
La sabbia, l’aromaticità, la complessità dei terreni
Un buon vino, si sa, è fatto di pochi ingredienti: un suolo ricco e sano, una pianta rigogliosa e un’occhio che sappia osservare e capire i bisogni dell’uva.
Se il Roero sta guadagnando sempre più successo i meriti vanno in gran parte attribuiti al terreno che ci è stato donato: le nostre colline, di origine marina, contengono stratificazioni calcaree e sabbiose in cui la vite si alimenta e conferisce diversità a vigne distanti a poche centinaia di metri.
La sabbia inoltre ci regala una maggiore concentrazione degli aromi in tutte le varietà, permettendoci di ottenere sia un bianco che un rosso di qualità eccellente.
Il Roero DOCG e il Roero Arneis DOCG: le colline nel calice
Da noi coesistono, in un unico territorio, un grande rosso e un grande bianco: Nebbiolo e Arneis. Questo è un dato tutt’altro che comune, se si pensa alle zone storicamente vocate alla vinificazione.
Il nostro Nebbiolo, dai tannini molto più morbidi e fruibili rispetto a quello di Langa, ha una complessità aromatica e una facilità di beva che fanno del Roero DOCG un signor vino, che sa reggere gli anni, ma non necessita di un invecchiamento eccessivo.
Il Roero Arneis è un talento scovato ormai da tempo, e con meno competizione diretta: ha trovato la meritata fama già da qualche decennio, e sono in molti i produttori che lo propongono come vino di punta.
Il bouquet che ricava dal suolo sabbioso è affascinante: oltre ai sentori floreali ed erbacei tipici del vitigno, nelle nostre colline guadagna descrittori di frutti esotici, come il frutto della passione.
E pensare che un tempo veniva usato come “esca” in vigna per attrarre gli uccelli con la sua dolcezza, per allontanarli dall’uva rossa considerata assai più pregiata!